INDICE

I libri di poesia

L’AMORE E ALTRO

L’AMORE E ALTRO, prefazione di Carlo Betocchi

Ero già trentenne e con una grossa quantità di testi in versi. La poesia in prosa, che riguarda questo primo libro, fu la risposta a impulsi drammatici che volevano spazio disteso e forse ascolto confortante. Sapevo anche che il grande amico Betocchi prediligeva tale forma, ma non lo seccai per molti anni. Poi accadde che lui propose la raccolta a Nuovedizioni Enrico Vallecchi che subito accettò. Quali le parole per me e la mia poesia nella lunga prefazione? Sceglierò una sua frase e poi una mia composizione.

 

“. . . una sorta di lapidaria testimonianza legata al tipo di una “saison” se non proprio “en enfer” come quella rimbaldiana, tuttavia orientata o addirittura risoluta come quella a farsi rivelatrice, con l’autonomia verbale e strutturale creantesi in lei dalla violenza degli interni suoi raptus, di quel tipo di discorso poetico, costruito sulla simultaneità e prevalenza dei valori (vorrebbesi dire della fisicità dei valori) di peso, colore, melodia della parola e della sintassi che nel nostro novecento ha un esemplare unico e solo: Dino Campana con i suoi “Canti orfici”

 

DOMENICA IN CAMPAGNA

 

“Quando è l’ora di siesta e tenui connessure di mattoni fra i travi vegliano il mio sudore gli occhi posando sopra macchie murali di stanchezza e le nari aspirando gli odori dello scarico seccati dal sole da quel modo che hanno cose e persone senza fama di mantenersi leggere e aderenti a geometrici piani universali dal respiro monotono e largo dagli attimi fermi dalla disciplinata libertà dei poveri su me viene la pace”

L’ARCA DI NOE’

La grande quantità dei versi rimaneva, più avevo tolto stralci di poesia da lettere d’amore ricevute. Riunii tutto questo aggiungendo certi inediti di prosa poetica come da richiesta e feci un nuovo libro, una decina d’anni più tardi rispetto al primo. Con chi? Mariella Bettarini e Gabriella Maleti della collana “Gazebo”. Con quale prefazione? Una nota dell’autrice. La quale autrice, come forse è riportato nel curriculum, nel frattempo era stata socia e frequentatrice dello storico fiorentino Cenacolo di Santa Croce, quello dei letterati. Ecco un brano dalla mia nota.

 “La vita io me la sono trovata così, piena di durezze concrete, di ingenuità, di esaltazione. Il silenzio non era possibile. Ho parlato molto e ho anche scritto. Parlato perché avevo amici. Scritto, perché ho tenuto me stessa per amica e ho accettato lo specchio della parola fermata sulla carta. Uno specchio, d’acqua o di carta, si richiede per non perdersi, per riconoscersi, per farsi coraggio”.

 

(dalla sezione “Poesie salvate”)

 

Si nasce nelle case

ma in povertà assoluta

manca perfino l’amore fra i grandi

ci soffia addosso in maniera spietata

il vento della libertà

fora le carni tenere

nascono allora gli anticorpi

chicchi salati

germi della immaginazione

che esplode ad ogni esperienza.

Se mancano mattoni

portiamo noi le pietre da lontano

e ci bastano sguardi curiosi

o l’avere incrociato un fiato caldo

per rimanere in moto anche la notte.

IN MEZZO AL CERCHIO

Dal Cenacolo di Santa Croce, preceduto dallo Studio Pasqualin di Piazza Strozzi e dalla Galleria Numero di Via degli Artisti, approdo allo Spazio Melauri studio di pittura e al Perseo Centroartivisive. Cioè, la poesia fra l’arte. Con i miei testi dalla raccolta di Linguaggio Espressivo intanto, guadagno l’amicizia di Franco Manescalchi, che li accoglie sul periodico Stazione di Posta. E fa per la mia poesia, nel 1989, con la sigla “Caratteri”, il libro numero tre: “In mezzo al cerchio-sonetti in prosa”. Fra tante e felici altre cose, nella sua prefazione dice questo.

D’altronde, il movimento dalla prosa al verso concentrato e perciò illuminato ed illuminante è complementare nel laboratorio medesimo e non una forma di superamento. Così era anche in Campana. Ora ci troviamo di fronte ad una esperienza della parola che cerca l’ESPERANTO, ovvero la sintesi dei linguaggi per ipotizzare un’uscita dalla moderna Babele. . . . Se le radici sono nette si può anche dire . . . che Alberta Bigagli rimane uno splendido caso a sé, perché la SATURA è ricondotta alla ferma unità dell’essere”

 

( da “Sono spiata”, i primi due paragrafi)

 

Donne antiche tribali in cerca della mia cordialità sanno

di quanto sia sicura la ventata la gioia ma vogliono

aperta la capanna che io viva di me non è tollerato.

 

Eppure dai silenzi dal vuoto dal mio fare teatro

dentro i cantucci delle piazze grandi partono cavi

luminosi forti laser azzurro verde a unire volti meticci.

TRE VOCI E UNA MANO

1990, comincia l’ultimo decennio del secolo passato, il mio. Questa volta Paolo Ruffilli mi fa, per la collana “I Piombi” delle Edizioni del Leone di Venezia, un libro che rimarrà importante nella mia storia. Perché costruito con i dialoghi, continuati sistematicamente, fra me e due giovani donne. Mario Lunetta accetta con vero interesse di fare la prefazione e fra l’altro dice questo.

 “E’ piuttosto incredibile, ma in questo caso vero: una vocazione decisamente lirica si trasforma in disposizione analitico-paradossale . . . Alberta Bigagli usa materiali di carattere lirico ma al contempo adotta un procedimento che nega bruscamente l’identificazione patetica con questi stessi materiali e perciò stesso ne mette in OFF-SIDE l’ideologia di base”

Partecipa anche l’amico Pietro Civitareale con una post-fazione e da lui tolgo questa citazione.

. . . Ciò rende la poesia della Bigagli aprioristicamente “plurale”, ossia aperta a sbocchi semantici polivalenti . . . in cui l’io si lascia prendere e avviluppare fino a confondersi con la poligrafia delle immagini . . . In questo mare naufragare è dolce e angoscioso al tempo stesso”

 

PATERNITA’ ED EGO, seconda parte

 

Io dico a te di stare più in compagnia dell’altra

finché piansi il cielo marino era alto i fichi

d’india noiosi e folta macchia senza uscita.

La notte udimmo quel suono di piffero era un nano

uscimmo e camminammo nella scia eravamo già salve”

DIAMANTI

Questa volta è Walter Nesti che mi spinge a fare un libro con “Masso delle fate” di Signa, perché finalista in un concorso. Ho antipatia per i concorsi ma un po’ mi sono data da fare ed ho ottenuto a volte buoni o eccellenti risultati. Ma non ne parlerò. Questo libro riporta, nella seconda parte, commenti poetici su foto, quadri e sculture di amici e amiche. L’immagine è per me uno dei maggiori stimoli. Il libro parte dalle cose di un passato tutto fuoco, vedi la sezione “Disincagli”, si smorza in “Lavorazioni” e in “Scambi” si concede appunto agli amici dell’arte, anche conversando senza precisi riferimenti. Un libro liberante.

Giuseppe Baldassarre, amico della mia-nostra Associazione “900-Libera cattedra di poesia, ecco quali espressioni mi dedica nella sua prefazione.

Il linguaggio è ormai giunto a una fluidità guidata sapientemente, dal giocoso neologismo, al lirico, al cadenzato ritmo delle quasi prose. Si tratta di elementi che l’autrice aveva già utilizzato e che ora ha raffinato ulteriormente, per esprimere quello che, per riprendere una definizione di Franco Manescalchi valida anche per questo libro, è “un mosaico sparso, sperso e ricomposto nell’evento poetico”

 

DIALOGAMMO, da “Disincagli”

 

Mi accompagnano lunghe ore brevi

mi chiama il mare della solitudine

la vita è solo un leggero cammino

e vagabonda per via mi rapirono.

Sangue ho colore della terra arata

sai che verrà improvviso il nulla

non lasciarti sfuggire il mio pensiero

benedicimi tu nei giorni nostri.

Entrerò nei tuoi sogni ed amori

mi inviterai presso te con pudore.

Madre futura ho gli occhi di gazzella

nacqui alla tua alla vostra luce.

PAESAGGIO MOBILE

Attraverso un premio per novelle fantastiche, mi si conferma l’amicizia con Anna Ventura de L’Aquila e nel 1999 lei cura un mio, credo prezioso, piccolo libro per Tabula Fati di Chieti. La vecchiaia non mi ha resa ripetitiva ma mi ha maturata. Dalla maniera concreta, che mi fa cantare qualsiasi minimo evento, e la maniera collettiva, quella degli Incontri di Linguaggio Espressivo, sono passata alla maniera visionaria e quella meditativa. Il librino porta appunto le mie prime “Visioni” e i miei primi “Salmi laici”, che Anna subito amò. Ecco uno stralcio di tipo generale dalla sua prefazione.

Questi gli aspetti della poetica di Alberta Bigagli: la parola lieve ma perentoria, l’ironia, il gusto per la metafora coraggiosa, la sentenziosità arguta, quella “gestualità compostamente mancina” di cui parlò, con espressione insostituibile, Mario Lunetta nella prefazione a “Tre voci e una mano”

 

L’UOMO DEI SOGNI

(Parla l’amico Nello)

 

Una volta ho veduto un laghetto

chiaro fra due monti rotondi

sopra passava un aquilone azzurro.

Un’altra volta ho sognato la mamma

piccola e bellina con la veste nera

e la pezzola nera sopra il capo

bene annodata sotto al mento.

Era messa in un urna di vetro

su un altare di chiesa addobbato.

Per il gioco dell’otto fa 52

ma il padrone ordinò la partenza

e la giocata non potetti farla.

I SALMI LAICI

I primi cinque come ho detto erano apparsi su “Paesaggio mobile”. Procedevo così. Nome: “Pronunciamento primo”, secondo ecc. Di seguito, tredici terzine di versi lunghi, numerate in numeri romani. In questa parte della mia opera metto in dialogo fra loro elementi morali della vita, contrastanti, essenziali e al tempo stesso toccabili. Povertà e Regno, Incontro e Solitudine, Ironia e Convenzione, Nostalgia e Avventura, Pazzia e Ragione. Ne ho scritti nove di Salmi o Pronunciamenti. I secondi quattro sono apparsi, per opera di Walter Nesti, sul numero 38 di Punto di Vista di Padova, quando era cartaceo. Presenta la poetessa Luisella Palmieri. Ecco una sua frase.

Pronunciamento in spagnolo vale dichiararsi, ribellarsi, sollevarsi . . . dal latino: proclamare, esporre, pubblicamente e in modo solenne, ma anche annunziare, predire. Forza, fierezza, responsabilità, ma anche come un profumo di ieratico e frugale, cameratesco e paterno, conviviale ed eucaristico “fate questo in memoria di me”

Quali gli ultimi temi-personaggio? Innocenza e Maturità, Cinismo e Depressione, Idolatria e Fierezza, infine Amore e Morte, per il nono.

 

PRONUNCIAMENTO NONO

 

I – Sparano o si che sparano i cavalieri selvaggi

ed i colpi che arrivano a segno quale segno?

L’uccisione di corpi uguali ai loro stessi.

 

VIII – Eppure eccola là la donna bella e altera

che scende lungo il piano con il grembio bianco

sopra alla veste lunga ed i secchi dell’acqua.

 

X – Porta conforto a sete e soffoco di chi

batte sopra l’acciaio il binario della promessa.

Da lei da loro riprenderanno le illusioni.

DALLA TERRA MUOVO

Testo maturo, autrice matura come tale e per l’età, nel terzo anno di un immaturo secolo, il duemila. Giovanna Vizzari, cui chiederò la post-fazione, mi introduce presso la Book Editore di Bologna, attraverso Massimo Scrignoli. Ancora presentazioni e riconoscimenti, che non esibirò, ma soprattutto la sensazione che le ali si siano spiegate. In fatto di poesia, questa la mia capienza, questa la mia falcata, questa la quota del mio volo. E’ fatto da “Terra uno” e “Terra due” ma anche abbondanti “Visioni” e la discesa, con la sezione “Graffiti”, nel sottosuolo, forse per regredire e rinascere. Prendo dalla post-fazione.

Espone candidamente la sua solitudine ma sente il richiamo degli altri viventi, man mano che passa il tempo si avvicina alla gente e alle cose, ricorda quelle del passato, apre le braccia al mondo, come Leopardi nel suo ultimo messaggio “La ginestra”. E’ bella questa solitudine, è abitata”

All’inizio, dopo avere citato, è la prima volta che fo citazioni, Machado e Ungaretti, ecco la poesia che apre il rituale.

 

PROLOGO

 

Sì, scenderò verso di te suolo terrestre

non zolla ed erba ma pietra ed asfalto

dal respiro alterato persistente.

Mia placenta deforme ed ostinata

mostro paziente di maternità.

Farò ancora un ritorno da siderali pensieri

onde resti frenato il suicidio di carne.

Ma tu devi capirlo tu base culla

e ventre che questa mia materia

è stanca come la tua in quanto che

per esserti fedele io non posso non

addossarmi la tua stessa età.

IL SENTIMENTO DELLA STORIA

Decido, ispirata anche dai ritorni degli incontri con Franco Manescalchi, di pubblicare in uno dei suoi “Quaderni di Novecento Poesia”, alcune cose già apparse a stampa. Un poemetto su Anna Frank, mia coetanea, “E’ ancora il tempo di Anna”, chiestomi dalla poetessa e cantante Nina Maroccolo. Poi “Parla la mia amica Antigone”, testo di partecipazione a una lezione, presso la passata Associazione Novecento, di Erika Bresci e Giuseppe Baldassarre. Infine “Stop alla alienazione”, risposta in parafrasi a “Stop alla guerra” di Ferruccio Brugnaro. La prima composizione veniva dalla Rivista “Dibattito Democratico” di Pistoia, la seconda dall’Antologia “Slanci e partecipazione” della Bastogi di Foggia, la terza da uno dei miei tanti giornalini artigianali, uno di quelli con copertina azzurra, dedicato all’Associazione Giardino dei Ciliegi.

 “E’ ancora il tempo di Anna” è diviso in sezioni. Prendo dall’ultima che si chiama

 

ORA CHIEDIAMO LA SALVEZZA A TE ANNA FRANK

 

E’ nata la presenza distruttiva del kamikaze.

E’ stata ammessa con cinismo dai Cesari attuali

la somiglianza il gemellaggio fra la guerra e la pace.

Noi siamo attoniti e fortemente ti pensiamo.

Bisogna d’ora in poi che siano resi silenziosi

il tuo ricordo e il tuo nome e tu lasciata nella

tua pietra mitica al sole al vento alla pioggia.

Tu sei per noi e rimani fonte e adolescenza.

Tu sei e rimani attesa senza tensione né fine.

ANNA E’ ANIMA

AGLI AMICI DI VILLA ULIVELLA

Siamo al 2005. Viene la lunga e mortale malattia, che inizia con due mesi di ospedale chirurgico e venti giorni di ospedale riabilitativo. Gli infermieri stessi, divenuti amici, mi stimolano a scrivere e la grande amica Fiorella mi costruisce con le sue mani un quaderno bianco. Sento tutti amici, dai chirurghi ai numerosi visitatori, ma dedico lo scritto agli infermieri, soprattutto donne. Ci sono momenti difficili, ma la loro fatica è grande e la mia fiducia assoluta.

Con mano malferma inizio un testo, alternanza di prosa e poesia, aggiungendo brevi raccontini sul soggiorno a Villa delle Terme, immersa nel verde. Racconto di un’infermiera giovane, di un gatto, un cane, un albero. E’ nato, per iniziativa di Fiorella Falteri, il mio periodico “Voce Viva” e, con la nostra collana “La voce”, lei stessa curerà il libro, corredato di foto e con la mia stessa presentazione.

Valerio Nardoni, il giovane ispanista divenuto l’appassionato critico della mia poesia, fa pubblicare uno studio su me dalla storica rivista “Città di vita”, utilizzando anche quello che lui chiama “Canzoniere minimo di Villa Ulivella”. Eccone un brano. S’intende che “gli alati” sono presenze di un aldilà non realizzato, tuttora.

 

Sento crescere intorno a me a momenti

i fruscii e gli odori di piuma

i contatti di un becco stimolante.

Sono alati loro e mi vorrebbero

già svincolata autodirezionale.

Io gentilmente li prego

di accettare la mia doppia natura.

Ho bisogno di ciò che sostiene

accarezza abbraccia e pone

sotto lo sguardo dell’amico.

AMORE FU

E’ questo per ora, anno 2011, l’ultimo libro, uscito a fine 2009 e fatto per raccogliere tutti gli altri. Lo ha curato Valerio Nardoni che, essendo giovane, io sento come un nipote. Appare per “Passigli Poesia”, la collana fondata da Mario Luzi. Ha da subito buona fortuna ma come si sa ho deciso di non fermarmi sui successi. Riprenderò magari i giudizi di certi critici, alla fine di questa mia finestra telematica. Per il resto cosa dire? E’ quasi malinconico questo momento, in quanto punto d’arrivo anche se non definitivo. Una pubblicazione di poesia mi attende e forse altro ancora. Prendiamo intanto qualcosa dalla prefazione di Valerio, riguardante “L’Amore e altro”.

 “L’ispirazione è violenta e copiosa, le parole plastiche e roventi, appena forgiate e assemblate. Di ascendenza avanguardistica, vi sono giusto alcuni azzardi formali come . . . gli autocarri che sono “elefanti senza naso né orecchie”. Ma in generale la scrittura appare compatta e poco o nulla interessata alla ricerca di forme esteriori”

 Ed ora il brano scelto per la copertina, sempre da Valerio. E’ tolto da “Visione 3”, che sta in “Paesaggio mobile”.

I millenni non hanno cancellato

il riparo del portico in caso di pioggia

né l’aula grande del raduno dove

fece comparsa la malinconia di un crocifisso

messo nel centro e sollevato in alto.

Ma io lo so che devo morire.

Solo mi si confondono i tempi

perché vado inseguendo con difficoltà

il senso esplicito di una parola

cangiante da eternità a infinito e viceversa.

DOPO LA TERRA, Edizioni Passigli 2013

RONDINI CORVI E PICCIONI, Edizioni Polistampa 2016