ARMANDO E MARCELLA
Premi e riconoscimenti a parte, dirò subito che queste sono le uniche pubblicazioni in volume che non ho pagato. Come si è visto dal curriculum, i testi della raccolta attraverso gli Incontri di Linguaggio Espressivo dopo qualche anno dall’inizio cominciano a trovare accoglienza. L’esperienza della Tinaia di San Salvi diventa oggetto della mia tesi di laurea (tardivamente conseguita) e mi porta fortuna. Poco dopo, mi accoglie più volte la Rivista Stazione di Posta e, con entusiasmo, anche l’Archivio del Diario di Pieve Santo Stefano, da poco nato. E siamo al 1986.
Il fondatore dell’Archivio Saverio Tutino, interviene addirittura, l’anno seguente, a una manifestazione del Circolo Letterario Semmelweis di Figline Valdarno, che la costruisce intorno al mio lavoro, quello soprattutto della Tinaia e la chiama “La parola come segno di identità”. Cosa fanno in questa occasione i giovani del Circolo diretto da Angelo Australi? Costruiscono un librino che si chiama “Armando e Marcella”. Due personaggi di una delle sedi della ricerca, il cosiddetto Montedomini di Firenze. Personaggi che io chiamo, a ragion veduta, “il piccolo padre e la grande figlia”.
Viene presto esaurito e nel 1991, sempre con la sigla CLS, il testo diventa un elegante, anche se minuto per ragioni economiche, libro d’arte. Prefazione di Franco Manescalchi, post-fazione dell’Editore stesso. Ambedue fatte con molta partecipazione. Le tralascio e cerco piuttosto qualche breve brano dal dialogo fra e con i due coloriti amici. E’ doveroso poiché, come dico io all’inizio del librino “Essi abitano la quasi oscurità ma sono lucciole e meritano un prato”.
ARMANDO
“Io mi son fatto crescere i baffi e me li tengo. Voglio morire con i baffi perché so che, anche dopo che siamo morti, non marciscono”
MARCELLA
“Potrebbe anche venire un incontro adatto al matrimonio. Penso a un giovane della mia età, all’incirca sessant’anni, che venisse a fare famiglia insieme a me e al babbo. E’ lo scopo che vorrei raggiungere”